Silvia Brindisi, la scrittrice che combatte il Covid-19 a suon di poesie

Silvia Brindisi, la scrittrice che combatte il Covid-19 a suon di poesie

Abbiamo intervistato Silvia Brindisi che ha da poco dato alle stampe la sua ultima raccolta di poesie

Silvia Brindisi è una scrittrice romana che lavora con la fantasia e che, in tempi di Covid e quarantene, si è rimboccata le maniche per dare vita alle poesie che oggi sono riunite nella raccolta SCRITTO.IO.
Da Roma Città Aperta a Radio Godot, da Lady Radio a Radio Radio, questi sono solo alcuni dei palcoscenici che ha calcato con la sua voce e con la sua scrittura, protagonista di molte interviste grazie al suo talento di penna e, contemporaneamente, di ufficio stampa di se stessa.
Al lavoro al fianco dei bambini in una scuola materna, aggiunge le prime pubblicazioni: da “Amicizie Magiche” a “Chi parla poco ha gli occhi che fanno rumore”, fino a raggiungere la Mondadori sedendosi dal lato di chi i libri, oltre a scriverli, li firma pure.

Con la sua penna, permette ai genitori di riprendersi lo spazio perduto in cui un tempo si raccontavano storie ai bambini e, tra un concorso e l’altro, alla fine ha provato con la poesia: “Le poesie all’inizio non mi attiravano molto, ma poi ho parlato con una mia amica e ci ho provato. Mi sono subito trovata bene, perché la sintesi fa parte del mio carattere”.

Da Spinaceto con furore, scrivi sul tuo sito internet di non perdere mai il sorriso, qualunque cosa accada, e “quando siete felici fateci caso!”. E’ stato valido il monito durante la quarantena?

Eh, non è sempre stato facile. Con quella frase mi sono voluta riferire a tutte le situazioni di difficoltà, perché nonostante tutto sono sempre stata una persona reattiva e anche se dall’oggi al domani non vedere più nessuno e stare da soli è stato pesante, la mia molla è stata la scrittura, e ho provato con le poesie.

Poesie che hai pubblicato in una raccolta…

Sì, la raccolta SCRITTO.IO, in cui sono presenti dieci poesie a tema libero. Il mese di uscita è stato abbastanza simbolico, perché in versione ebook sono uscite verso la fine della quarantena, a maggio 2020. Tra le poesie che ho pubblicato, ce n’è una che ho dedicato al Coronavirus.

Intitolare una poesia al Coronavirus, l’avresti mai detto?

Se adesso mi guardo indietro a dir la verità tra radio, interviste e pubblicazioni non mi sarei mai aspettata nulla. Sono contenta, in fondo. Siccome la pandemia era una cosa che stavo vivendo, perché non scrivere qualcosa di attuale?

A proposito di attualità, SCRITTO.IO non è l’ultima raccolta che hai pubblicato; a giugno c’è stata un’altra novità…

Esattamente, ho pubblicato una poesia all’interno di un’antologia dal titolo “M’illumino d’immenso 34”, una raccolta a 100 anni dalla pubblicazione della celebre poesia ermetica di Giuseppe Ungaretti in cui vari poeti danno il loro contributo su temi più disparati.

Sempre sul tuo sito aggiungi una frase molto indicativa dei tempi che viviamo oggi: “Sogno una società multietnica, piena di colori e mi piace aiutare le persone in difficoltà, perché nessuno merita di star solo”.

Prima di lavorare con i bambini facevo l’educatrice professionale di comunità. Non è un lavoro semplice, qui sono entrata in contatto con situazioni davvero difficili. Questo mondo mi ha permesso di conoscere altre realtà e di capire quanto sia difficile che ci sia aiuto dalle persone che non hanno tutti questi problemi. A volte è più facile avere pregiudizi che provare empatia. Il mio secondo libro racconta la storia di un senza fissa dimora e di una ragazza che invece di girarsi dall’altra parte, lo aiuta. Il lock down mi ha dato la dimostrazione che siamo un popolo spettacolare, che si sa rimettere in discussione. Durante la pandemia la solitudine era una situazione più grande di noi, piena di incertezza. Poi ognuno la vive a seconda della sua situazione, ma il sogno rimane valido.

Come traduci il pensiero in scrittura creativa?

Mi è sempre piaciuto scrivere a livello personale. Nel 2015 ero alla ricerca di un lavoro e, avendo tanto tempo a disposizione, ho iniziato condividere ciò che scrivevo. Ho cominciato con le piccole favole che scrivevo proprio per ripristinare lo spazio vuoto tra bimbo e genitore e adesso lascio andare il flusso, mi viene tutto naturale.

C’è qualcuno che influenza la tua scrittura?

L’esperienza che ho avuto fino ad adesso, e mio padre sicuramente, con cui avevo un grande rapporto. Forse, in particolare, mio ciò che mio padre mi ha lascato di più nel DNA è la voglia di non mollare mai, di lottare per quello che credi e… appunto sorridere anche quando non ce n’è modo.