Novembre mese da incubo per la Roma Lido

Novembre mese da incubo per la Roma Lido

Da cosa dipendono i problemi della Freccia del Mare?

Roma Lido: una situazione tragica come non mai

“Quando c’era Mussolini era tutta un’altra storia” questa, una delle frasi più pronunciate durante le quattro settimane di novembre sulle banchine della Roma Lido, cariche di gente stanca e, ahimé, di qualche nostalgico dell’epoca del fascismo. “Almeno non ha evocato Salvini” sorride beffardo un signore accanto al nostalgico “siamo già un passo avanti: uno è morto e quello vivo, quello di sicuro non migliora la situazione”.
Qualunque sia la fazione politica, la storia o il partito, quando si tratta di Roma Lido e malfunzionamenti ciò che prevale è la rabbia e la rabbia, si sa, produce terribili rievocazioni (tanto terribili quanto inutili).
Il mese di novembre non è stato solo il mese della pioggia, ma anche quello dei continui disagi e interruzioni alla linea Roma Lido che trasporta ogni giorno migliaia di pendolari dai quartieri del X Municipio ai vari snodi ferroviari.
Che la situazione sia tragica, si sa, ma così tanto e così prolungatamente, questo mai!

Quando tutto è iniziato

Tutto è iniziato una mattina di metà ottobre, era venerdì 11 quando i treni segnavano già un accumulo di ritardo alle 06.00 del mattino (il servizio parte alle 05.15 da Cristoforo Colombo verso Roma) e già in quella mattina buia gli utenti avevano lamentato alcuni ritardi di 10 minuti. Poche ore dopo, alle 08.00, i ritardi si sono moltiplicati al punto da toccare picchi di oltre un’ora di ritardo.
Inutile descrivere per l’ennesima volta le folle d’attesa frustrate e già esauste di primo mattino, utile invece è sapere che l’incubo del venerdì non si è fermato al mese di ottobre.
Il mese di novembre si è infatti aperto con un nuovo guasto a causa del quale i residenti delle fermate della Roma Lido, da Cristoforo Colombo fino ad Acilia, sono dovuti scendere alla Stazione di Casal Bernocchi, già piena in attesa del ritardato treno a giorni alternati (a volte consecutivi!) per ben due settimane di fila.
Ad ostacolare lo sblocco della situazione sono state alcune persone che si sono rifiutate di scendere dai convogli in atto di protesta di quella che ormai è definita da molti l’”odissea quotidiana”.

Le voci dei pendolari: colloqui di lavoro mancati, Freccia Rossa persi e risse

“Se continuo così, capace che mi licenziano” grida un ragazzo dal fondo della banchina di Acilia; “per l’ennesima volta ho perso il mio Freccia Rossa, grazie #MerdAtac” si legge sui social, e ancora: “finalmente avevo ottenuto un colloquio di lavoro, dubito di fare una buona impressione, visto che mi presenterò con più di un’ora di ritardo.”
Le persone presenti quel lontano lunedì di novembre la traversata se la ricordano bene: “Ci hanno detto che il trenino era fermo a Ostia, però ce n’era anche uno fermo a Vitinia e noi aspettavamo sulla banchina pigiati come sardine” racconta Lorella, una lavoratrice che tutti i giorni rinuncia alla macchina per andare a lavoro con i mezzi di trasporto che l’Atac mette a disposizione. Quel lunedì novembrino ha inaugurato una nuova catena di disagi della mobilità su rotaie: “A ogni fermata, a partire da Colombo – spiega una viaggiatrice – ci siamo fermati per 10 minuti. Ovviamente nel frattempo arrivavano altre persone e i vagoni si riempivano, anche perché sono saltate diverse corse. Poi il trenino ripartiva e, alla fermata successiva, succedeva la stessa cosa. Siamo arrivati a Casal Bernocchi alle 8:30, dopo un’ora di viaggio, stipati come in un carro bestiame. Qui ci hanno detto di scendere, ma la banchina era troppo piena per farlo”.
La gente, infuriata per il ritardo accumulato – che si ripercuoteva ovviamente sul lavoro e sugli impegni personali- ha iniziato a gridare e a insultare i responsabili del servizio. All’insistere dell’invito a scendere, visto che non era possibile farlo perché la banchina era comunque piena di persone, c’è stato un momento di tensione in cui si è sfiorata la rissa tra alcune persone particolarmente innervosite dalla situazione che si era andata a creare. Una situazione rimasta tale fino alla rimozione del treno rotto ad Acilia. A calmare la rabbia degli utenti, gli agenti del Commissariato del Lido intervenuti per sedare gli animi diventati incandescenti.
La situazione durante la settimana non è migliorata: c’è stato un ritardo di un’ora sulla stessa tratta per tre giorni consecutivi e nella mattina del 12 novembre, dopo 7 giorni di ritardi e la “pausa” del weekend, il treno ha rinnovato la sua nomea per essere la peggior linea d’Italia (assieme a quella Roma-Viterbo che fornisce il nord di Roma) dato che ritardi e sospensione delle corse si sono accumulati anche nelle settimane successive. In particolare, il 26 novembre, quando due treni consecutivi hanno subito guasti tali da interrompere il servizio: quella mattina i pendolari hanno invaso i binari rifiutandosi di spostarsi, alcuni di loro sono rimasti nei vagoni senza scendere, increduli davanti l’ennesimo guasto.

Ma da cosa derivano tutti questi guasti?

È una domanda che si fanno in tanti. Lo riporta in un curato servizio Odissea Quotidiana, blog di aggiornamento sullo stato dell’arte delle frecce del mare. Innanzi tutto c’è da sapere che i treni utilizzati dall’ATAC sono classe MA200, caratterizzati da un invecchiamento più rapido rispetto ad altri convogli. Il motivo dei ripetuti guasti è che “le porte dei treni sono governate da centraline elettroniche. Ecco, sugli MA200 le centraline elettroniche sono state sostituite e, probabilmente per motivi di sicurezza, queste nuove centraline governano le porte tutte insieme, non più una alla volta come quelle precedenti”. Anche Maurizio Messina, presidente del comitato Roma-Lido, afferma che il problema sono “i famigerati treni MA200 che, passando ogni 15 minuti, ad Acilia si riempiono e a Casal Bernocchi si inzeppano di persone tanto da non riuscire a chiudere le porte”. Sono le porte la principale criticità di questi treni: “Se le persone non le fanno chiudere o le fanno chiudere a fatica, il sistema di chiusura va in allarme e i macchinisti sono costretti a fermare il treno – aggiunge Messina – L’invecchiamento delle macchine purtroppo è determinante: già nel 2016 annunciavamo che gli Ma200 avrebbero avuto solo 3 anni di vita. Siamo nel 2019 e nulla ancora è stato fatto”, conclude Messina.