Coronavirus, la storia di Claudio, bloccato in Thailandia

Coronavirus, la storia di Claudio, bloccato in Thailandia

Claudio Fusco è rimasto bloccato in Thailandia: ecco la sua storia di notizie contrastanti, voli cancellati e dubbi sul futuro

Abbiamo un’unica certezza: non sappiamo quando potremo tornare a casa.
Claudio Fusco è un giovane trentenne dell’Infernetto partito per la Thailandia assieme a Francesca, la sua compagna, il 21 febbraio scorso. I ragazzi avevano previsto di fare un giro della penisola per poi tornare alla vita di tutti giorni il 14 marzo successivo. La vacanza si inseriva perfettamente tra i suoi impegni professionali e quelli della sua fidanzata, che concluso il primo anno del Corso di Laurea Magistrale in Economia all’Università di Roma 3, al termine della vacanza avrebbe iniziato il suo lavoro in una grande multinazionale che l’attendeva da tempo.

“Partiamo o non partiamo?”

I due partono tranquilli. Anzi, non proprio: gli ultimi giorni di febbraio un Paese molto vicino al loro era nel pieno della sua epidemia; la Cina infatti iniziava a mettere in stato di allerta i Paesi di tutta l’Asia per tamponare l’emergenza Coronavirus, che di lì a poco sarebbe stata qualificata dall’OMS -l’Organizzazione Mondiale della Sanità- una pandemia in grado di coinvolgere il mondo intero. Claudio e la sua fidanzata partono, prendono il volo da Roma e arrivano in una terra accogliente, pronta per essere scoperta, fino ad arrivare nell’Isola di Koh Kradan, una perla nell’Oceano Indiano lontana dai grandi giri del turismo abituale. Spiaggia, sole, mare e paesaggi paradisiaci chiusi in un lembo di terra di 4km per 2km. Uno sputo al termine del Golfo del Bengala, a pochi passi dalla Malesia. Basti pensare che nemmeno Google Maps ci ha messo piede: l’omino giallo che ci permette da anni di fare il giro del mondo stando comodamente seduti in casa, laggiù non ci è ancora arrivato.

Qualcosa non va per il verso giusto

Sull’isola conoscono due ventenni toscani venuti a dedicare un anno intero della loro vita all’esplorazione dell’Asia, salutano la compagna del proprietario del loro resort, stringono la mano a una signora romana che avrà circa Settant’anni e poi conoscono Stefano e Daniela, i proprietari del resort Kalumè.
Si sentono accolti fin da subito e a loro agio in quel posto meraviglioso fin quando, seguendo le notizie dai cellulari e sentendo le voci più care rimaste in Patria ad attenderli, capiscono che c’è qualcosa che non sta andando nel verso giusto.
Il Coronovavirus era arrivato in Italia più violento che mai e ancora prima che i ragazzi partissero aveva anche cambiato nome: SARS-nCov-2, più comunemente conosciuto come Covid-19. Il nord Italia era diventato zona rossa e di lì a poco tutto il Paese si sarebbe convertito in zona protetta. Sembra quasi, si dicono fra loro Claudio e Francesca, che in fondo partire per la Thailandia non sia stata una cattiva idea: la coppia era lontana dai focolai e il virus si era spostato pericolosamente dall’Asia all’Europa. Chissà quanto sarebbe durata.

La Thailandia si prepara all’emergenza

La Thailandia nel frattempo si prepara all’emergenza: vietato l’ingresso nel Paese a persone provenienti dalla Cina, chiuso il confine Nord, la popolazione indossa mascherine per proteggere sé stessa e gli altri dal possibile contagio, controllo della temperatura agli ingressi, i locali inseriscono nei loro interni gli igienizzanti a disposizione dei clienti e il Governo tranquillizza: “Si contano solo 87 contagi, state tranquilli, è tutto sotto controllo” (14 marzo, Bankok Post, dall’editorialista Chairth Yonpian, ndr).
Difficile da credere, visto che la Thailandia è una dittatura militare. Tutt’oggi i numeri dichiarati dal Governo tailandese sono poco affidabili: il 31 marzo 2020 sono 1524 i contagi e solo 9 i deceduti. La situazione nei paesi vicini è nettamente peggiore, per non parlare dell’Italia, dove le morti hanno superato quota 11000 e i contagi sono oltre 100000, secondo i dati della Protezione Civile.
La situazione in Italia è sempre più tesa e i ragazzi cercano di tornare a casa: la Thai Airways, la compagnia di bandiera tailandese, inizia però a mettere in discussione i voli per Roma. In particolare, non è chiara sul loro volo, quello del 14 marzo: non si capisce se è stato annullato o posticipato. Non si capisce nulla, di fatto.

La preoccupazione

Claudio e Francesca iniziano a preoccuparsi, ma in maniera altalenante: alcuni giorni si sentono più sicuri in un’isola deserta non battuta dal turismo e altri preferirebbero essere isolati tra le mura di casa. Ricevono una mail dalla compagnia aerea nella quale gli uffici permettono loro di spostare la data di partenza senza pagare la penale. Il primo giorno disponibile diventa il 20 aprile. Per spostare il biglietto, però bisogna andare di persona negli uffici di Thai Airways, perché le linee telefoniche sono intasate e i customer service sono sospesi.

Un aiuto inaspettato

Così viene in aiuto una donna thailandese che ha sposato il signor Gianni, proprietario del Paradise Lost, Resort in cui la coppia alloggia; un italiano che, guarda il caso, in quel momento si trova proprio a Phuket e offre loro tutto il suo aiuto: l’uomo va negli uffici della compagnia di linea e riesce a firmare per loro conto il rientro al 20 aprile.
Sale un po’ di sollievo, ma il contesto è sempre quello: una coppia in viaggio in un paese lontanissimo che riceve dall’Italia notizie sempre peggiori; una compagnia aerea che dovrebbe garantire il ritorno ma decide di bloccare i voli su Milano e su Roma; un signore italiano che la coppia ancora non aveva mai conosciuto e che stava garantendo per loro il rientro con comunicazioni Whatsapp poco leste a causa della scarsa connessione.

Il colpo di scena

Una volta tornato sull’Isola, Gianni accompagna i due giovani a fare i documenti per il rinnovo del visto e dell’assicurazione sanitaria, ma durante il rinnovo, ecco un altro colpo di scena: la Thai Airways invia una mail avvertendo che anche il volo del 20 aprile è stato cancellato. Stavolta sono stati più chiari e non hanno lasciato il beneficio del dubbio.
Nella mail, la compagnia aveva confermato un volo per il 19 aprile su Francoforte, senza dare delle specifiche sul rientro a Roma. Nel frattempo, il fatidico giorno della partenza previsto da mesi, il 14 marzo, era passato e Gianni ha detto ai giovani di poter rimanere nel resort fino a quando la situazione non si fosse risolta.
Il punto è che in questi giorni le cose in Thailandia si sono ulteriormente complicate: in primo luogo il turismo di massa ha contribuito ad esportare il virus nel mondo e in secondo luogo a Bangkok si è svolto un incontro di Muay Thai, lo sport nazionale seguitissimo nel Paese, che ha raccolto centinaia di persone in un palazzetto della capitale. Claudio ha ben presente questi due fattori scatenanti ed è anche per questo che non ha mai pensato di viaggiare verso Bangkok senza biglietto per provare a prendere il volo in aeroporto, il non luogo più pericoloso in questo momento per possibilità di contagio. Una città, Bangkok, dove rischiava di rimanere impantanato, senza un alloggio dove dormire né punti di riferimento.

Un posto più sicuro di casa

Nella sua testa inizia a maturare l’idea che Koh Kradan in fondo sia un posto più sicuro di Roma: al di là dei numeri trasmessi dal governo, il focolaio più forte non è in Asia ma in Europa. Nonostante ciò, i tentativi continuano. Gianni li aiuta nuovamente a contattare la Thai Airways e nello stesso frangente scrive all’Ambasciata italiana a Bangkok per codificare al meglio tutte le informazioni che accumula dall’Isola. Anche in Italia arrivano i primi soccorsi dagli affetti più cari, la mamma di Claudio riesce a prendere contatti con un Maresciallo che è andato personalmente negli uffici della compagnia thailandese a Roma e ottiene di iscriverli in una waiting list: la coppia avrebbe dovuto attendere la spunta di una lista e una volta trovato un volo libero sarebbe potuta tornare in Italia.
Il Governo tailandese intanto prende i primi provvedimenti: chiude le province più calde, da Bangkok a Chiang Mai, dichiara il lock down e istituisce un coprifuoco.
L’Ambasciata italiana non cessa di rispondere alle e-mail di Claudio e sebbene i due giovani apprezzino l’aiuto della autorità italiane in Thailandia, i diplomatici non riescono a dare indicazioni precise e chiare, ma confermano la loro iscrizione nella waiting list della compagnia, spesso concludendo le email con la formula “dovete valutare voi”, lasciando ai cittadini italiani l’ultima scelta.

La decisione finale

I ragazzi decidono di non muoversi senza biglietto, con il rischio di rimanere bloccati a Bangkok e lo comunicano all’Ambasciata, anche se la situazione cambia di giorno in giorno. Presto Claudio e Francesca iniziano a ragionare attraverso orizzonti temporali assai più limitati. Da poco, infatti, hanno scoperto che la compagnia aerea thailandese ha sospeso tutti i voli per l’Europa a partire dal 1 aprile e ha deciso di non volare più in Italia fino ad ottobre.
Addio aereo a Francoforte, benvenuta waiting list.

Se prima viaggiare da Bangkok verso qualsiasi paese europeo era proibitivo a causa del prezzo dei voli schizzati alle stelle, adesso era divenuto impossibile per il lock down del Paese.
Decidono di rimanere. L’isola è piccola e al momento è popolata da una cinquantina di persone. Di cibo ancora ce n’è in abbondanza, viene portato da alcuni commercianti che viaggiano sulle long tail, barchette a motore e in legno lunghe e strette che trasportano vettovaglie. Prendono accordi con Gianni: vitto e alloggio è a “spese di costo”, quindi attraverso un contributo i pochi ospiti rimasti nell’isola mandano avanti la struttura per sopravvivere insieme ad essa. Il resort vicino a quello in cui alloggiano è un altro esempio di solidarietà tra connazionali: Daniela e Stefano, proprietari, hanno sostenuto Claudio e Francesca fin dall’inizio delle preoccupazioni.
Le chiamate alla Thai Airways proseguono comunque senza sosta, nella speranza di poter tornare senza troppi rischi, ma la voce al di là della cornetta dice sempre la stessa cosa: “siete in attesa nella waiting list”. Ultima proposta: si parte il 1 giugno. Fra tre mesi.

Le rinunce e le nuove sfide

Claudio e Francesca rimarranno lì ancora per molto. Grazie alle long tail, i ragazzi sono riuscirti a farsi mandare anche un tablet molto economico dalla terraferma, in modo tale da poter continuare a lavorare, nel caso di Claudio, e studiare, nel caso della sua fidanzata. La ragazza deve prepararsi agli esami del secondo anno e lui deve tenersi sempre attivo con lo Smart Working. Ciò che consola è il fatto che tanto in Italia quanto in Thailandia le loro vite sarebbero state bloccate: lui avrebbe dovuto lavorare da casa e a lei l’azienda che era in procinto di assumerla avrebbe comunque bloccato le assunzioni. Claudio resta convinto che, purtroppo, una quarantena tra le mura di casa sia migliore di un isolamento a Koh Kradan. Ci sono infatti giorni difficili e giorni meno difficili: Claudio confessa la sua preoccupazione per la salute perché ammalarsi in Thailandia è diverso che ammalarsi in Italia, soprattutto se sei straniero. La consolazione è quella che al giorno d’oggi è più facile ammalarsi al supermercato che in una spiaggia deserta a Koh Kradan.
Intanto si adattano: sveglia, colazione assieme allo staff del resort, si passeggia in riva al mare per circa un km e mezzo e nel pomeriggio si lavora. Per passare il tempo si cerca di organizzare tornei con gli abitanti dell’isola, il sabato si fa la pizza nel resort di Stefano e Daniela, si legge tanto e ci si sente fortunati, nonostante tutto.

L’accettazione

A Claudio è successo ciò che l’italiano medio declama dai tempi di “The Beach” con Leonardo Di Caprio: il desiderio di mollare tutto e andarsene in un’isola deserta. Lui non voleva mollare niente, ma la pandemia lo ha travolto e lo ha lasciato in un paradiso terrestre.
Si sente fortunato, Claudio. È una sorta di moneta questa fortuna: in una faccia sono incisi tutti gli aspetti negativi come l’incertezza sulla salute, l’affetto, il visto, la famiglia lontana e l’assicurazione sanitaria; nell’altra faccia sono disegnate l’accoglienza calorosa che ha ricevuto sull’Isola, la protezione di una terra deserta, il rapporto di solidarietà che si è instaurato tra sei persone dei resort vicini.
Talvolta è più facile accettare questa situazione, ma succede spesso di pensare ai propri cari senza riuscire a capire bene la misura di ciò che succede nel Paese lontano, dove non ci si può nemmeno più abbracciare o stringere una mano, dove mentre parlo al telefono con Claudio passano le macchine della polizia con i megafoni spiegati ad urlare alla popolazione di “restare in casa e garantire le distanze di sicurezza”. Glielo dico e lui lo immagina, ma non capisce cosa si può provare. E come si fa, del resto? È difficile da capire pure da qui, nel nostro angolino di mondo.
Claudio ce lo dice forte e chiaro: Koh Kradan è preoccupata ma felice.