Concorso 500 Parole, intervista alla finalista Elena Galifi

Concorso 500 Parole, intervista alla finalista Elena Galifi

Un tuffo tra le pagine di uno dei racconti arrivati in finale: “L’Apicultore” di Elena Galifi

Giunto ormai alla sua settima edizione, il Concorso Letterario Nazionale di Ostia 500 Parole di Spazi all’arte, ha registrato anche quest’anno una grande partecipazione. Etica e Società, un tema particolare quello proposto, che ha destato l’interesse di scrittori da ogni regione d’Italia e anche dall’estero  e numerosi sono stati i racconti pervenuti che hanno entusiasmato la Giuria per l’alto livello qualitativo. L’evento a causa della pandemia in corso non si è potuto svolgere dal vivo, ma l’emozione della diretta facebook e Youtube, in cui si è presentato il concorso e si sono letti i racconti dei tre vincitori, ha comunque colpito nel segno.

Abbiamo voluto ascoltare la voce di una dei finalisti, Elena Galifi giunta in finale, appunto, con grande soddisfazione e un pizzico di delusione per aver mancato il podio. Elena è un’amante della scrittura, posata e riflessiva, mette l’anima in ciò che scrive, sia che produca un racconto che un articolo di giornale, infatti è da più di vent’anni una giornalista pubblicista. “L’apicultore” è il suo scritto per questo concorso, dove ci lancia un messaggio di speranza lasciandoci anche un brivido di commozione.

Elena, come nasce il racconto L’apicultore?

“Il racconto nasce in un momento difficile. Sai quando c’è il vuoto, quello che si chiama “il blocco dello scrittore” o “la crisi del foglio bianco”. Erano i giorni di quarantena, terribili per tutti, quelli che non vedi un domani.  La mancanza di libertà di esercitare le azioni più semplici che ha bloccato anche la facoltà del pensiero e l’opportunità di intravedere un futuro. Ma, c’è da dire che nel contempo attorno a noi i prati diventavano foreste e nel cielo tornavamo a volare insetti e volatili e niente altro. Tra le strade deserte pascolavano animali selvatici. Sembrava che la natura si stava riprendendo il suo spazio.  Era una bella e unica nota positiva di questo tragico momento. Questo mi ha fatto pensare.  In tempo di Covid era difficile sognare e soprattutto vedere un futuro. Proprio in quel momento è emersa tutta la fragilità della società contemporanea. L’unico briciolo di speranza la dava la natura e tornare a riscoprire la semplicità del passato.  Nascono quindi domande come quelle che riguardano l’essere umano e il suo bisogno di conoscere, viaggiare, evolversi, ma anche se questa direzione e modalità corretta in cui l’essere umano procede per fare passi in avanti e non invece verso la distruzione. Domande importanti come “dove è il confine delle libertà?  O dove è il confine tra ieri e l’oggi? Tra la natura e la società? Tra l’etica e la società?” Quando hai tante domande ti rivolgi ai libri. Ma se sta bene la natura te lo può sussurrare solo un’ape.”

Abbiamo già evidenziato le tue doti da scrittrice, parlaci però di quando è nata la passione per la scrittura.

“La scrittura fa parte di me da sempre. È nata con l’ascolto e poi l’ho esercitata nel tempo e in varie forme scrivendo articoli, poesie, racconti e perfino un copione di un corto.  Non so se è stato più un vizio o una mania. La sera non mi addormentavo se non avevo una matita e un quadernetto sul comodino. E ora, nell’età digitale, ancora oggi mi sveglio di notte e mi ritrovo a scrivere.  Non ho mai sentito l’esigenza di partecipare ai concorsi. Principalmente perché ho messo tanto della mia creatività e della mia personalità negli articoli, che a volte erano più vicini a racconti, che descrizioni dei fatti. Dentro c’erano le emozioni delle persone che intervistavo.”

Il 2019 ti ha vista per la prima volta sul podio. Cosa hai provato?

“Già. L’anno scorso, spinta da alcuni amici, ho deciso di presentare i miei elaborati a due concorsi con grande soddisfazione. Il mio racconto “Io tra di voi” è stato premiato al terzo posto alla 23esima edizione dei Premi L’Aquila Zirè d’oro intitolati ad Angelo Narducci, storico direttore di Avvenire, promossi dall’Istituto Italiano di Abruzzesistica e Dialettologia presieduto da Mario Narducci. È la storia di un uomo che si trova tra due donne, la salute e la malattia, la vita e la morte, lo sconforto e la speranza, la ricerca e la fede.
Poi ho partecipato per la prima volta al Concorso 500 Parole di Ostia, con due racconti brevi con il Tema “Il Cambiamento” dal titolo “La tua mano, papà” e “In Matera li morti stanno sopra li vivi”. Non sono stati selezionati, ma con grande piacere ho pensato di cimentarmi di nuovo. E sono felice di aver raggiunto questo risultato.”