La mappa ritrovata, un pezzo di storia dimenticato: villaggio Giuliano 1955

La mappa ritrovata, un pezzo di storia dimenticato: villaggio Giuliano 1955

Un’antica mappa ci mostra com’era Villaggio Giuliano

Un’antica mappa scomparsa, accantonata nel tempo insieme al nome di quel luogo che rappresentava, il
villaggio giuliano di Acilia, è ricomparsa oggi su un muro di quel quartiere che una volta portava quel
nome.

Villaggio giuliano, un toponimo dimenticato, un po’ come la storia di quei primi abitanti che colonizzarono
questo fazzoletto di terra. Un posto ameno, lontano dalla “civiltà”, da Roma e anche da Ostia, il primo
baluardo abitato in quel degli anni Cinquanta che si poteva raggiungere a piedi o grazie al Trenino che
collegava la Capitale al mare. Solo il fischio del treno, immaginato come un filo di fumo che si disperde
nella campagna circostante, ricordava che da qualche parte la vita già brulicava, mentre quel piccolo
villaggio riusciva a vivere autonomamente come un antico borgo. Un quartiere di case popolari, nato per
ospitare i profughi della Venezia Giulia, Fiume, Istria e Dalmazia. I giuliani quindi, esuli dalle omonime
terre, i primi ad abitarlo e renderlo vivo e vivace, divennero non solo pionieri, ma fonte di ispirazione per il
nome di questo nuovo piccolo centro abitato.
Un altro luogo però, aveva accolto quegli esuli dandogli nuova patria e anch’esso aveva preso il nome dai
suoi nuovi abitanti: villaggio giuliano dalmata, nato dai cantieri dell’E42, Esposizione Universale Roma
1942, che diventerà il più famoso EUR.
Ecco che le lettere di quei parenti lontani, non riuscivano a giungere a destinazione, perdendosi tra un
villaggio giuliano e l’altro, subendo un po’ la stessa sorte di chi le aveva spedite, sparpagliato nei quattro
angoli del pianeta.

La nascita di San Giorgio di Acilia

A quei tempi certo non c’erano i codici di avviamento postale a trarre d’impaccio il malcapitato portalettere
e quindi, l’Amministrazione dell’epoca fu costretta a trovare una drastica soluzione: sacrificare il toponimo
per una nuova identità, per una realtà che nel frattempo aveva mutato le sue  caratteristiche abbracciando
altre genti, altre popolazioni in cerca di un luogo dove ricominciare a vivere e costruire un futuro per sé e
per le generazioni a seguire. Scelta difficile, quindi, un nome da sacrificare per uno nuovo, che potesse
abbracciare e far riconoscere tutti e allora, si scelse un punto di riferimento inconfondibile: la chiesa del
quartiere. Il nome del Santo San Giorgio, andò quindi a sostituire quella definizione che aveva fino ad allora
raccontato un pezzo di sofferta storia del nostro Paese. Il villaggio giuliano così, trasformatosi già nel tempo
assieme ai suoi nuovi abitanti, divenne il quartiere San Giorgio di Acilia.


Oggi sul quel muro, per chi sa leggere le leggende immaginando storie di altri tempi, si può sognare quel
brulicare di vite, quella quotidianità spesa in un luogo che sapeva essere un microcosmo autosufficiente, con
le proprie botteghe, la farmacia, le osterie, l’asilo e i giardini ordinati. Tutto minuziosamente e
sapientemente riportato su quell’antica mappa, oggi perduta, forse in un archivio polveroso o chissà,
distrutta, ma che per volontà del destino è stata riportata in vita, proprio lì, dove nel 1955 era stata vergata a
mano da un antico tecnico, che aveva rappresentato tutto nei più minuscoli dettagli attraverso normografo e
pennino. Il geometra del Team Noi Studios da una traccia sopravvissuta alle vicissitudini del tempo, una
foto di pochi megapixel scattata con un cellulare di vecchia generazione, ha saputo ricostruire questo pezzo
di storia con estrema dovizia e precisione.

Il writer Mauro Terentino ha sorpreso gli abitanti del quartiere San Giorgio che gli hanno concesso fiducia non conoscendo il tema del lavoro che sarebbe stato realizzato, che si aspettavano tutto tranne che l’antica mappa ritrovata.
Gli ultimi testimoni di una difficile pagina della storia ormai stanno scomparendo, sarà quel muro da oggi in
poi a raccontare ancora quelle lontane vicende che verbalmente tramandate, ormai offuscate dalla nebbia del
tempo, sono giunte fino a noi. I colori di questa mappa ritrovata, impressi su quella parete, hanno restituito
vivacità a quei ricordi sbiaditi tramandando ancora quel nome e quella storia altrimenti dimenticati.